Il presidente di Giovani Gioiellieri d’Italia, Giorgio Isabella, presenta la nuova campagna di sensibilizzazione volta a valorizzare l’eccellenza artigianale made in Italy e a promuovere un positivo senso di orgoglio tra gli imprenditori e gli artigiani orafi italiani.

L’Italia è divenuta il target di una aggressiva campagna di acquisizioni: da Gucci a Bulgari, da Pomellato a Loro Piana, da Valentino a Brioni, passando per Poltrona Frau e – ultimo – Pal Zileri.

Non è un paradosso che le 3 F del Made in Italy (Food, Furniture, Fashion), su cui si è retta l’economia italiana per decenni – quella dei distretti industriali, per intenderci – siano oggi proprietà di conglomerate transalpine e fondi sovrani di paesi arabi?

La critica è rivolta al Sistema Paese: non siamo riusciti a creare i cosiddetti “Poli”, dal Lusso all’Alimentare. Mentre le “prime donne” dell’economia italiana giocavano a coltivare l’orto più verde, altri Paesi hanno avviato una seria politica industriale.

In Francia hanno intuito (quando era tempo, negli anni ’90) che finanza e globalizzazione avrebbero aperto degli scenari del tutto inediti. Risultato: colossi finanziari (le conglomerate) specializzate in alcune industry, con conseguenti economie di scala nello sviluppo internazionale dei brand. Le stesse che oggi acquistano i “gioielli” del made in Italy.

Gli Arabi hanno la liquidità dalla loro parte: “cash is king” e “bye bye” made in Italy.

Veniamo dunque alle realtà rimaste in Italia. Un esercito di micro (sono il 95% del totale), piccole e medie imprese che fanno – ancora – Grande il nostro Paese, almeno agli occhi dei clienti internazionali.
Solo 1/4 delle imprese italiane partecipa a forme di aggregazione. Il nanismo e la frammentazione del tessuto imprenditoriale sono una vera spina nel fianco del made in Italy. La dimensione media di un’impresa italiana produttrice di Gioielleria è di soli 4 addetti: un settore, quello della gioielleria e bigiotteria made in Italy che nel 2012 ha esportato 5,6 miliardi di euro.
Ma come fa la micro impresa d’eccellenza a raggiungere i mercati internazionali? Grazie al web. Come evidenzia un recente studio Doxa Digital per Google, le imprese che vendono online (tramite e-commerce) esportano il doppio.
Le vendite online di lusso pesano oggi 9,8 miliardi di euro (Bain&Co.) e in 10 anni sono cresciute ad un tasso sorprendente: 10x (erano solo 1 miliardo nel 2003). E le previsioni per il futuro sono decisamente incoraggianti: entro il 2020 le vendite di lusso online peseranno per il 15% del totale a valore – oggi sono il 5% (dati Exane BNP Parisbas 2014).
Una opportunità straordinaria per le nostre imprese produttrici di gioielli e accessori. Il mercato mondiale della gioielleria è ancora oggi per l’80% unbranded: i grandi brand valgono solo il 20% del mercato.
Qual è il paradosso? A dispetto dei dati, che sottolineano delle opportunità incredibili, ecco la risposta delle PMI italiane: solo il 34% ha un sito internet e solo il 13% fa e-commerce!
Dunque la risposta. Se per l’80% dei clienti globali di Lusso, la provenienza è il valore aggiunto dei prodotti (BCG, 2013) noi desideriamo che il made in Italy rimanga italiano. Insieme siamo Grandi.
#noirestiamo: l’alternativa alla campagna di acquisizione del made in Italy.
Se anche tu vuoi restare (italiano), ti aspettiamo su www.giovanigioiellieriditalia.com